Saccheggia la dispensa, passa la sofferenza
L’esigenza di riempire un vuoto può tramutarsi nella “dipendenza da cibo”, che colma i nostri dispiaceri e le nostre insoddisfazioni
Con la consulenza di MONIA SISTI, consulente del benessere, Diet Trainer, Life coach.
Quante volte avete sentito pronunciare frasi di questo tipo: “Ho sfogato la rabbia nel frigorifero”; “Ho svuotato la credenza dei dolci”; “Ho mangiato fino a sentirmi male”. O ancora: “Ho ingoiato cibi dolci e salati finché ho sentito lo stomaco scoppiare!”. Ecco, tutte queste azioni sono manifestazioni che esprimono il bisogno di riempire un vuoto. L’esigenza di colmare una mancanza può tramutarsi nella “dipendenza da cibo”, che soffoca i nostri dispiaceri e le nostre insoddisfazioni: saccheggia la dispensa, disperdi la sofferenza…
Anche insoddisfazioni nel lavoro, tradimenti dell’amico caro, o altre delusioni possono portarci a mettere a tacere i dolori dell’anima, mangiando in maniera compulsiva.
Molti, leggendo questo articolo, si riconosceranno. Il nostro desiderio è proprio quello di aiutare, chi sta soffrendo, non solo a riconoscere le proprie inquietudini, ma anche a individuare le soluzioni giuste per superarle.
I significati della “fame nervosa”. Il cibo rappresenta l’unico appagamento a fatti contingenti spiacevoli
A livello inconscio ci sono persone che mangiano in maniera compulsiva per sentirsi appagate. Altre perché troppo a lungo si sono sentite invisibili. E allora prendere peso è un modo per essere più visibili.
Sono talmente grossa che non puoi non vedermi. C’è chi mangia tanto perché si sente incompreso. Il più delle volte passa molto tempo prima di accorgersi che qualcosa non va. Soprattutto è difficile prendere coscienza del problema.
Affrontarlo, quindi uscire dalla propria zona di confort. In queste persone sono più rari i risvegli notturni mirati a “svuotare” il frigorifero.
Ci sono, però, casi di insonnia che crea nervosismo e stati d’ansia, che possono essere colmati rifugiandosi nel cibo
Quando si è ancora nella fase critica, in cui il cibo viene visto come il riempitivo di un vuoto, l’impresa di mettersi a dieta è spesso fallimentare. La persona vive male la privazione del cibo, che in quel momento rappresenta l'unico appagamento a fatti contingenti spiacevoli.
La persona, anziché pensare di ridurre il consumo di cibo e la propria voracità, vede ridotto l’oggetto del desiderio, che il cervello identifica come elemento essenziale e irrinunciabile. E, così, reagisce con un aumento della voracità e della frustrazione per l’evidente incapacità di seguire regole alimentari e tenersi in forma.
C’è anche la bulimia del sesso
Non tutti riversano i propri vuoti nel cibo. Ci sono persone che scaricano le frustrazioni, delusioni, incomprensioni, dispiaceri sul sesso, sulle droghe, sull’alcol. Ciò che è chiaro, oggi, è che dopo il cibo un’altra forma di forte dipendenza è il sesso.
I social network aiutano a fare nuovi incontri. Non c’è più bisogno di uscire per incontrare qualcuno: basta collegarsi sul web. Il sesso è più veloce e con persone diverse in questi casi aiuta a sentirsi accettati, crea una “illusoria” soddisfazione personale. Il fatto di sentirsi desiderati continuamente soffoca il senso di inadeguatezza.
Si tratta, però, di un sesso famelico, una vera e propria bulimia del rapporto intimo. Che ha più o meno questo significato: voler essere un po’ di tutti, perché in realtà si ha paura di avere una persona tutta per sé. Si teme di essere incapaci di gestire un rapporto vero. E spesso i timori della psiche dipendono da delusioni del passato.